Rome – Gates of Europe

L’Europa, non quella dei burocrati e dei politici ma quella del sangue: ecco il faro che guida Rome, alias di Jérôme Reuter. Sicuramente il Nostro è un artista con gli attributi, dato che fu il primo a suonare in territorio ucraino sotto le bombe russe, presente dall’inizio della vile guerra di aggressione condotta da Vladimir Putin, dai suoi oligarchi mafiosi e dai suoi mercenari/macellai asiatici.
I cancelli di Europa sono lì ad est ed il nemico è alle porte. “We Drive Est” cantavano i Death In June negli anni Ottanta ed oggi, come allora, la bestia imperialista proveniente delle steppe è sempre quella, come ci ricorda Rome nel suo nuovo album “Gates Of Europe”.

Reuter anche qui si serve di registrazioni e documenti sonori per creare un affresco Nefolk/Martial Industrial con quel piglio cantautorale che ne forgia lo stile inconfondibile. L’intro del disco rimanda a quel tragico 24 febbraio del 2022 con un collage di voci riprese dai telegiornali di tutto il mondo. Segue una coinvolgente “The Death of a Lifetime”, dai melanconici toni Wave anni Ottanta.

“Yellow and Blue”, invece, assume un tono epico, potrebbe essere uno dei pezzi migliori mai realizzati dall’artisti lussemburghese e certamente rimarrà uno dei pezzi forti della sua lunga discografia. Il testo ci parla di patriottismo e di fedeltà alla bandiera, di amore per la propria terra e per la propria nazione che può arriva sino al sacrificio estremo della vita per la continuazione della propria stirpe, ritrovando così il vero spirito eroico dell’uomo europeo. Tutte cose che i pigri pacifisti da divano (spesso in malafede) non potranno mai capire. Per sgombrare ogni futile critica di servire interessi che non siano quelli dei popoli europei Reuter canta:

We don’t run on dollars
The green won’t do
For strength has two colors
Yellow and blue

Reuter quindi cita Ezra Pound nella struggente “How came Beauty against this Blackness” confermando il suo amore per il poeta americano, evocato varie volte anche nei suoi precedenti lavori. Enfaticamente, al termine del brano risuona la voce di Denys Prokopenko, comandante del Reggimento Azov, durante l’assedio dell’Azovstal a Mariupol. Subitamente si passa ai toni marziali di “Eagles of the Trident” che ricorda i migliori Der Blutharsch, per poi rituffarsi a capofitto nella maliconia folkeggiante di “Whom the Gods wish to destroy”.

Concludendo la prima parte dell’album Reuter ci regala un’altra perla, nonchè il secondo singolo tratto dall’album: “Our Lady of the Legion”, brano che si tinge di rosso e nero come la bandiera di molti patrioti che lottarono per l’Ucraina sin dai tempi della rivolta di Maiden, la piazza principale di Kiev.

Indubbiamente, Rome riesce a coinvolgere appieno anche quando accantona i toni marziali a beneficio dei momenti piú intimisti. Ad esempio, è il caso della riuscita doppietta di “Marauder” e di “The Black Axis”. Quest’ultima si avvale di cori in ucraino che nobilitano il tutto, coniugando intimismo ed epica in un perfetto connubio Neofolk, rappresentando quello che il genere dovrebbe realmente essere.

Quindi è la volta di “The Ballad of Mariupol” e “Going Back to Kyiv”, due splendidi brani in cui la chitarra acustica risplende e si rispecchia nel timbro accorato della voce di Reuter. Indubbiamente, due intense tracce, cui segue l’ottima “The Brightest Sun”, altro capolavoro dell’album, un brano che mette la pelle d’oca mentre Reuter esclama fieramente “Slava Ukraïni”, cui si aggiunge nel finale anche il coro dei soldati ucraini. Considerato il fatto che questi tre brani furono realizzati di getto da Reuter per il suo primo concerto a Kiev dagli inizi della guerra (uscirono tempo fa in digitale come EP intitolato “Defiance”), non si può che rimanere impressionati da questo tributo alla tragedia di Mariupol e all’eroismo dei soldati del reggimento Azov che resistettero nelle acciaierie della città.

In conclusione, troviamo “Olenivka Rain” , dove si fa riferimento al carcere dove i russi fecero strage dei prigionieri ucraini – ennesimo vile crimine di guerra che non può restare impunito – e “Archives of Silence”, breve “outro” realizzato facendo un collage archeofuturista di suoni di guerra e melodie folk ucraine.

In sintesi, musicalmente ci troviamo di fronte al miglior album di Rome dai tempi di “Le ceneri di Heliodoro”. Quindi, e se avete adorato i lavori precedenti di Reuter, troverete in Gates of Europe l’ennesima conferma, dell’alto valore del musicista lussemburghese, del suo amore per un’Europa vista come una grande e unica nazione indipendente. L’argomento questa volta è sicuramente divisivo ma in un conflitto come questo, una guerra che ha un peso mondiale, sarebbe da ignavi non prendere posizione. Qui Rome, fieramente e coraggiosamente, sa scegliersi la parte.

Tracklist:

1. Gates of Europe
2. The Death of a Lifetime
3. Yellow and Blue
4. How came Beauty against this Blackness
5. Eagles of the Trident
6. Whom the Gods wish to destroy
7. Our Lady of the Legion
8. Marauder
9. The Black Axis
10. The Ballad of Mariupol
11. Going Back to Kyiv
12. The Brightest Sun
13. Olenivka Rain
14. Archives of Silence