Rome – Parlez-Vous Hate?

Reduce da due dei migliori album della sua carriera, “Le Ceneri di Heliodoro” e “The Lone Furrow”, l’artista lussemburghese Jérôme Reuter torna con un nuovo lavoro. “Parlez-Vous Hate?” soddisfa appieno le alte aspettative con un disco diretto, di puro e combattivo folk-rock. Anche qui Rome si scaglia contro i paradossi e la degenerazione dei tempi moderni. Il nuovo album può essere considerato parte di una trilogia su una modernità in pieno disfacimento, ripiegata su sé stessa.

Ad essere presa di mira è la censura generata dall’ossessione per il politicamente corretto. A partire dall’omonima traccia (che segue il breve intro di “Shangri-Fa”) Rome si scaglia contro quell’approccio culturicida e fondamentalista che dai paesi anglosassoni si è imposto in quasi tutto il mondo Occidentale. L’atmosfera di oggi è sinistramente simile a quella tratteggiata nel libro “1984”, scritto da George Orwell. Si pensi alla preconizzata “neolingua” del Socing. Basta andare a leggere le parole del testo di “Parlez-Vous Hate?” per rendersi conto che“Parlez-Vous Hate?” è l’album più “politicamente scorretto” realizzato da Reuter:

“No we won’t rest until the disintegration is complete
And you’ll be so tame and begging on your knees
And we will know your thoughts, be they hidden or hinted
We watch your every word, whispered or printed
And we’ll be there whenever you step out of line
‘Cause we want you to know there’s, no safe space for your kind
We’ll mortify your pleasures, your thousand mortal sins
There’ll be no more common touch and no more bloody kings”

La successiva “Born In The E.U.” è un omaggio alle proprie radici europee e una sorta di tributo a Bruce Springsteen. È un omaggio che nasconde una certa ironia. La canzone di Springsteen, “Born In The U.S.A.”, fu suscettibile di varie interpretazioni, addirittura considerata da Ronald Reagan e Pat Buchanan un inno patriottico. In realtà, il testo scritto da Springsteen narrava la storia di un reduce della guerra del Vietnam. “Born In The U.S.A.” era un vero e proprio lamento della classe operaia, quella working class americana tradita dai politici, rimasta senza lavoro e futuro. Rome da “patriota critico” qui canta dell’Europa facendone emergere tra le righe le contraddizioni del progetto burocratico/finanziario dell’unione Europea.

“Is it every nation for itself as we’re plucking our feathers
To be so naked for Moloch and dancing all in tatters
Should the gods of war cast a brightening glance
So that we may know the dancers from the dance?”

“Death From Above” continua con uno spirito di rabbia e rivolta, trascinata da un ritornello dall’urgenza quasi punk. La vera sorpresa del disco è “Panzerschokolade”, una decisa virata verso un martial industrial pregno di spirito iconoclasta non conforme. Il video del brano sembra rimandare a un incubo chimico, a tratti psichedelico, un bad trip con inquietanti colpi di tosse finali. Panzerschokolade era il nome di una metanfetamina utilizzato dai soldati tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Non è un segreto che l’anfetamina e la metanfetamina furono ampiamente utilizzate dell’Asse e delle forze alleate (in maniera bipartisan) per i loro effetti di miglioramento delle prestazioni. La chimica è sempre stata importante per il controllo delle persone e la metanfetamina era un vero e proprio “vaccino” contro la paura della morte sul campo di battaglia.

Chiudono la prima parte dell’album “Der Adler trägt kein Lied”, brano neofolk in puro stile Rome, e “Toll In The Great Death”. Quest’ultima è una canzone sulla morte e sul tradimento, due temi ricorrenti in quest’ultimo lavoro di Rome.

La seconda parte del disco si apre con l’ottima “Feral Agents”, uno dei brani migliori del lotto. Uscirà il 30 aprile un vinile sette pollici con una versione inedita del brano. In questo frangente troveremo la voce dell’artista americano King Dude. Il lato B presenterà una versione di “The Spanish Drummer”, una “Eumesville Session” registrata dal vivo nello studio Heliopolis  (ogni riferimento allo scrittore ed intellettuale tedesco Ernst Jünger è voluta).

“You Owe Me A Whole World” e “Blood for All” vedono un Reuter perfettamente a suo agio, in grado di scrivere brani che avrebbero un forte impatto in sede live, se mai si tornasse all’era dei compianti concerti dal vivo. “Alesia” è un brano sulla speranza in cui Rome declama:

“There is no closure
Nothing’s ever over
There’s no end to history
You’ll see”

La canzone è una perfetta chiusura per un album in grado di fotografare bene un momento plumbeo per l’Occidente. “Parlez-Vous Hate?” è una raccolta di brani brevi e molto diretti, espliciti nelle critiche verso il nostro presente, senza mai cadere nel nichilismo o nella rassegnazione. Musicalmente il disco risente un po’ dell’esperienza irlandese di Reuter, immortalata nell’album “The Dublin Session”.

Non rimane che ascoltare l’outro del disco, una sorta di brano ambient memore degli esperimenti martial e dei recenti collage post-industrial di Rome (“Käferzeit” e “Gärten Und Strassen”). Non a caso, il brano è intitolato “Fort Nera, Eumesville”, il quartier generale dell’artista lussemburghese che prende il nome dal libro post-apocalittico di Ernst Jünger, Eumeswil.

Tracklist:

  1. Shangri-Fa
  2. Parlez-Vous Hate?
  3. Born In The E.U.
  4. Death From Above
  5. Panzerschokolade
  6. Der Adler Trägt Kein Lied
  7. Toll In The Great Death
  8. Feral Agents
  9. You Owe Me A Whole World
  10. Blood For All
  11. Alesia
  12. Fort Nera,Eumesville