Marduk – Memento Mori

La corazzata svedese dei Marduk torna con l’ennesimo capolavoro di furia e rabbia senza freni. “Memento Mori” mostra come la creatura di Morgan Steinmeyer Håkansson, con più di trent’anni di attività alle spalle, sia ancora in cima alla catena alimentare, una bestia sempre capace di incarnare il vero spirito del metallo nero.

Senza girarci troppo intorno, ci troviamo di fronte al loro miglior lavoro dai tempi di “Plague Angel”. Non che in mezzo non ci siano state punte di gran valore e brani memorabili che ne hanno alimentato la leggenda. La loro lunga discografia mostra una qualità invidiabile e la costante costruzione di uno stile proprio e riconoscibile che ha influenzato miglia di band. In ogni caso i Marduk, come dimostra quest’ultimo album in studio, il quindicesimo della loro carriera, rimangono a tutt’oggi insuperati in quanto a violenza e precisione d’esecuzione.

“Memento Mori” si candida così ad essere uno dei migliori album in un’annata particolarmente buona per il Black Metal scandinavo. Quello che colpisce ad un primo ascolto è l’ottimo apporto di Simon Schilling alla batteria che ha permesso alla band di tornare agli assalti velocissimi di “Panzer Division Marduk” e “Nightwing”. Si ascolti per credere l’incredibile “Blood Of The Funeral”, il primo singolo che anticipava con un video l’uscita dell’album.

Ad esso, si aggiunge l’ottima scrittura dei brani da parte sopratutto di Daniel “Mortuus” Rostén, tanto che in molti punti l’album può richiamare alcune soluzioni alla Funeral Mist, la one man band di Rostén. È il caso, ad esempio, dell’ottima “Shovel Beats Sceptre”, secondo singolo per cui è stato realizzato anche un ottimo e funereo video in bianco e nero diretto da Claudio Marino.
Non ultimo, colpiscono nel segno i riff di un Håkansson in piena forma, capace di imprimere il marchio diabolico dei Marduk a tutta l’opera.
Da non dimenticare anche il contributo in sede di produzione (pressoché perfetta, curata e feroce al contempo) di Devo Andersson, che ha ripreso per ora il suo posto come bassista nella band in sede live, dopo l’uscita di Joel Lindholm. Paradossalmente, in questo album il suono del basso ha un’importante funzione trainante.
Da notare anche come in brani quali “Charlatan” e “”Coffin Carol” siano fondamentali i cambi bruschi di ritmo e le violente accelerazioni. In generale, “Memento Mori” riesce a dare la sensazione di un caos accelerato, di una sorta di folle corsa che va incontro alla morte. L’ultimo brano “As We Are” utilizza anche la registrazione della voce di Lars-Göran Petrov, cantante degli Entombed, scomparso nel 2021.

Proprio sul tema portante dell’album, è importante notare come sia stato fatto un importante lavoro di documentazione sul tema del “Memento Mori” che emerge ovviamente dai testi ma anche nell’ottimo artwork che riprende alcune stampe seicentesche realizzate da Rudolf e Conrad Meyer sul soggetto tipicamente nord europeo della danza della morte, ispirandosi come modello alle stampe di Hans Holbein del secolo precedente.

A livello di contenuti è interessante notare come i Marduk non cadono mai in una visione puramente nichilista sul tema del trionfo della morte. Ovviamente, la prospettiva cristiano-giudaica del Memento Mori che risale al testo biblico dell’Ecclesiaste qui è totalmente ribaltata. È vero che la morte trionfa e la pala vince sullo scettro ma, se siamo tutti uguali da morti, non lo siamo certo da vivi. Non è il diritto di nascita che fa di te ciò che sei, ma è l’azione stessa che determina ciò che sarai di fronte alla morte. Quello che distingue gli uomini, come si distinguono i lupi dalle pecore, è come corrono con gioia verso la nera mietitrice. È la spinta satanica e prometeica della musica dei Marduk che ci invita ad andare oltre solo per il puro gusto dell’azione e della forza, oltre anche la morte.

Tracklist:

  1. Memento Mori
  2. Heart Of The Funeral
  3. Blood Of The Funeral
  4. Shovel Beats Sceptre
  5. Charlatan
  6. Coffin Carol
  7. Marching Bones
  8. Year Of The Maggot
  9. Red Tree Of Blood
  10. As We Are