Funeral Mist – Deiform

Il 2021 è terminato degnamente con l’uscita di uno dei più interessanti album nell’ambito del metallo nero. Daniel Rosten, sotto lo pseudonimo di Arioch, torna al suo progetto Funeral Mist. A soli tre anni dal precedente “Hekatomb“, l’artista svedese confeziona un’altra gemma oscura di “Orthodox Black Metal”. Anche questa volta il lavoro esce sotto l’egida della Norma Evangelium Diaboli.

I Funeral Mist si sono formati in Svezia nel 1993. La line-up originaria era formata da Velion (batteria), Vintras (chitarra), Arioch (basso) e Typhos (chitarra, voce). Dal terzo album in poi (“Maranatha” del 2009) Arioch ha preso in mano le redini della band trasformandola di fatto nel suo progetto solista.
Fortunatamente, oltre alla sua attività come cantante dei Marduk, Rosten trova ogni tanto il tempo per portare avanti la sua creatura. I Funeral Mist sono divenuti un maelstrom in cui far confluire la sua visione spirituale, sperimentando anche nuove soluzioni in ambito vocale e strumentale. “Deiform” è puro prometeismo scatenato, tra rivolta ed emancipazione necessaria dalla schiavitù di un Dio straniero. Come canta Arioch in “Twilight of the Flesh”:

How can we raise altars on our blood
Among the temples of a foreign god?
How can our roar be heard
In His house if that roar is the roar of a mouse?

Il brano si apre con lo sfondo di canti gregoriani per trasformarsi presto in una vera e propria messa demoniaca. Emerge un cantato che ricorda un po’ anche le ultime performace dei Marduk (“Viktoria” del 2018). Si alternano ululati maniacali a voci pulite e canti di gola che ben si amalgamano con la parte strumentale.

Le tematiche che agitano l’album si incarnano in tre modalità: il deiforme, il difforme ed il deforme. Arioch sogna di sovvertire la creazione tra torce infuocate e nietzschiana volontà di potenza. Il tutto è sorretto dall’imponente batteria di Lars Broddesson che trova nell’infernale e caotica “Apokalyptikon” la sua apoteosi. Al contempo Rosten urla in maniera oltreumana: “I am the burning shroud pf the end-times, The raging torch of the final” dawn”.

“In Here” può ricordare il classico assalto corazzato alla Marduk  ma nel finale emerge anche una certa vena post industrial, probabilmente frutto anche delle recenti esperienze di Rosten con Domjord, la sua creatura dark ambient. La successiva “Children Of The Urn” suona realmente spaventosa e diabolica con il suo inquietante coro di voci bianche che s’imprime con forza nella mente. Anche qui emerge il potere di un rituale d’inversione tipico di una certe corrente del Black Metal che trova proprio nei Funeral Mist uno dei nomi più seri e accreditati.

“Hook of the Hunger” torna al violento suono classico dei Marduk mentre nella traccia omonima dell’album la melodia sembra aprire varchi verso abissi stellari. “Deiform” è uno slancio per superare i limiti della carne. Qui il lavoro sulla voce di Arioch è mirabile e finisce per salmodiare una sorta di mantra che invita gli esseri umani ad elevarsi come Dèi, a mangiare i semi della conoscenza:

For God doth know that in the day ye eat thereof,
Then your eyes shall be opened as ye shall be as gods

Il finale affidato a “Into Ashes” ci narra di un nuovo canto che sorgerà dal fango e che ripristinerà la potenza del sangue. Quale migliore augurio per i tempi a venire che tornare a bruciare? Non limitarsi ad adorare le ceneri, bisogna tornare ad elevarsi, trascendere. Non è forse questo lo spirito profondo che anima da sempre la fiamma del Black Metal?

Tracklist:

  1. Twilight Of The Flesh
  2. Apokalyptikon
  3. In Here
  4. Children Of The Urn
  5. Hooks Of Hunger
  6. Deiform
  7. Into Ashes