Steve J. Drakos – XXVIII poemi di sangue e fede

“XXVIII poemi di sangue e fede” è un libro che ci permette di entrare nel ferale mondo di un artista estremo e non conforme come Steve J. Drakos. Dobbiamo ringraziare Italia Storica che, nella sua collana Off Topic, ha pubblicato un testo davvero ben curato con interviste, copertine di vinili e una gran quantità di fotografie. È un libro che non deve mancare negli scaffali di chi non ha paura di spingersi verso certe latitudini, artistiche e spirituali, al ritmo di tamburi di guerra.

I ventotto poemi sono testi composti dall’artista ellenico per gli albums “Blood of Blood” (2008) e “Industrial Devils” (2020). Sono presenti anche altri brani risalenti agli anni Novanta e tratti da qualche singolo. Le interessanti prefazioni a cura di James Porrazzo, Andreas Nyqvist, Marco E. Malaguti e Susi Medusa Gottardi, più l‘ottima postfazione di Francesco Boco, riescono ad inquadrare bene l’opera di Drakos nella sua complessità. Il libro riesce a mostrare tutto il suo intenso percorso artistico, tra musica, scrittura, illustrazione e fotografia. Quella di Drakos è una via dionisiaca coerente quanto ardita sempre memore delle proprie radici europee, della libertà e sopratutto del retaggio del proprio sangue. L’artista è sempre stato capace di non adattare il proprio spirito e il proprio talento ai bassi standard contemporanei, alle sue vuote mode e tendenze.

Sin dai diciassette Drakos anni sconvolse la placida italietta cattocomunista, piccolo borghese e benpensante. Nel 1980 fonda i Nabat, uno dei primi e più importanti gruppi punk rock/skinhead europei. Nella band imbraccia la chitarra sotto lo pseudonimo di Stev Iena (e Steve Roda). Sue erano le musiche dei primi EP, nonché l’ideatore delle copertine di primi album e di molte illustrazioni utilizzate dalla band. Anche il famoso logo dei Nabat, quello con il teschio, la chiave inglese e la N puntata, fu realizzato dal Nostro.

Sono anni di scontri molto forti con i collettivi comunisti. All’epoca i compagni odiavano e disprezzavano punks e skinheads preferendo il conformismo dei cantautori e, in generale, della musica più allineata e ideologizzata. Come ricorda Drakos in un’intervista presente nel libro, già nel 1977-1979 una certa sinistra gridava:“i punks bisogna ammazzarli tutti”.

Dopo quattro anni di fermenti, tra concerti e risse, Stev Iena si stanca di un ambiente che si stava progressivamente vendendo all’ideologia degli egemoni collettivi di sinistra. Gli stessi Nabat stavano tradendo il vero spirito ribelle e anticonformista che animava la sottocultura skinhead. Quindi, Drakos si trasferisce a Londra e nel 1984 diventa il bassista dei famigerati Skrewdriver, suonando nel celebre album “Blood & Honour”. L’esperienza con il gruppo punk rock/RAC pone le basi per una nuova visione di stampo europeo, libera da condizionamenti e compromessi. È la nascita di uno dei movimenti controculturali più importanti. Nella musica RAC (Rock Against Communism) la rabbia di strada si legava ad un recupero profondo della nostra civiltà e delle sue radici.

Anche nel suo lavoro come fotografo, Drakos riesce a rivendicare l’eros dei propri antenati con foto e film per adulti che scardinano la morale egualitaria. Naturalmente non troveremo nei suoi lavori il conformismo “meticcio” di certe produzioni a luci rosse. Nel suo immaginario l’orgoglio delle proprie origini si fonde con il sesso in una manifestazione di potenza in grado di infondere energia e coraggio di osare. Anche in questo campo egli riesce a elevarsi, sia carnalmente, sia spiritualmente.

Nel suo eclettismo, che però poggia su solide basi di “sangue e fede”, Drakos sperimenta ben oltre l’ambito della musica Oi!/RAC e Punk. Con suo figlio Alex da vita ai DerDrakos, nome teutonico-ellenico che ben si adatta a un’elettronica di stampo industrial con testi identitari. Sono due lavori che agitano visioni elettroniche titaniche e marziali. Usciranno due album sotto questa sigla: “Lust for Chaos” (2006) e “Blood To Blood” (2008), pura guerriglia sonora tra nebbie electro-industrial ed Electronic Body Music oltranzista. Sotto il nome “Front of Hell” padre e figlio realizzano nel 2013 l’album “Avanguardia” spostandosi verso una hard techno aggressiva e futurista. I testi dell’album sono volti a demolire le sicurezze della placida modernità. I temi vanno da un recupero della sovranità a un invito a bruciare per sempre combattendo per “una violenta riproposizione di senso”, per citare il titolo della postfazione di Francesco Boco.

Nel 2010 Drakos collabora come attore e responsabile della fotografia al video-album “A Passage Through The Purity Of Pain” degli svedesi The Way Of Purity, artefici di un metalcore melodico di area death. Alla regia del video troviamo Susi Medusa Gottardi che aveva già collaborato in più occasioni con l’artista greco. Nel 2016 Drakos torna anche al genere Punk Oi! con la band White Demons e con il valido album “God of Europe”, dedicato ai propri avi. Nel 2020 esce “Industrial Devils”, ancora padre e figlio , questa volta sotto il nome di Drakos Klan.

I testi/poemi che sono raccolti nel libro mostrano canti di guerra saturi di tensione elettrica e passione carnale, come afferma anche Medusa Gottardi nel suo testo introduttivo.
Come scrive Malaguti nella sua prefazione, l’opera di Drakos può essere definita “archeofuturista” in quanto riesce a tenere assieme metrica ellenica, retaggio europeo arcaico con una tensione prometeica capace di andare oltre, di scardinare le regole imposte. In tutto il suo lavoro emerge una celebrazione della vita di stampo dionisiaco. Drakos riesce ad evocare forze primigenie che lo rendono capace di combattere per se stesso e per il proprio Clan. Ecco che marcia idealmente affianco agli Dèi sulla linea del fronte (si legga il valido testo di “On the front of Hell”, brano del 2020 presente in “industrial Devils”).

In sintesi, ci troviamo di fronte ad un testo capace di restituire la forze e il senso di una ricerca che si scontra ferocemente contro “il nichilismo informe della cultura dominante” per citare Francesco Boco. Quella di Drakos è una visione avanguardista che porta con sé lo spirito dell’Iliade, azione e pensiero che si fanno carne. È un divenire preda di uno spettro “archeofuturista” che continua ad aggirarsi per le rovine d’Europa. Pur nelle molte sfaccettature, nei diversi generi musicali e media esplorati, Drakos rimane profondamente fedele a ciò che è, al suo essere “non conforme”. Cantavano i Nabat: “Noi non siamo cambiati, noi / Noi non siamo pentiti, noi”. Chi l’ha fatto veramente, chi non si è mai dovuto pentire è, a nostro parere, proprio Steve J. Drakos.