Il nuovo album degli australiani Austere dà ciò che promette il titolo, ovvero: “Corrosion of Hearts”. Un ritorno che dista ben quattordici anni dal precedente “To Lay Like Old Ashes” e che si spinge sempre di più verso una fusione fredda tra sonorità DSBM e Atmospheric Black Metal. È una lenta corrosione di cuori che lambisce persino territori Blackgaze, fondendo la lezione dei primi Katatonia con melodie alla Alcest.
Il duo del New South Wales, formato da Desolate e Sorrow, catturano le atmosfere dell’entroterra australiano più sperduto e desolato con un approccio austero (degno del loro nome) e malinconico. La perfetta fusione di screaming alla Burzum e voci pulite si dipana in quattro lunghe tracce di cupa disperazione, ipnotica e avvolgente come una nebbia esistenziale.
S’inizia con la depressiva epica di “Sullen” che evoca grigi spazi ultraterreni con un riff di chitarra avvolgente e degno dei più intensi e disperati Katatonia. Circa undici minuti alla ColdWorld che sembrano lanciarsi nel vuoto cosmico in un perfetto equilibrio tra tutte le componenti strumentali e vocali:
This curtain, falls aphotic and silent
Lifeless, Listless, Solemn, Sullen
“A Ravenous Oblivion” continua nella sua implacabile opera di corrosione emotiva. Se “Sullen” spalancava le porte verso mondi altri, qui tutto sempre implodere in un famelico oblio che tutto consuma.
Hunted – Devoured – Ravenous – Oblivion
Deep into fathomless time
Fated bleeding torment
As choked veins ebb the walls of loathing
Upon crooked paths all ending the same
In death – Martyrium of dreaded nothingness
Vengono alla mente le immagini di una natura che divora se stessa, implacabile e sotto un sole che non scalda più gli esseri umani. Le urla fanno da contraltare ad onde emozionali che si infrangono sulle rive del destino.
La seconda parte del lavoro si apre con il brano più breve dell’album, “The Poisoned Core”, di solo otto minuti di durata. La traccia si muove lenta e su territori DSBM più tradizionali e vicini ad un certo suono d’impronta norvegese.
Seguono e concludono il tutto i tredici ariosi minuti di “Pale”. Qui tornano a farsi sentire passaggi Blackgaze di ampio respiro, evocazioni di sogni infranti e riff che si riallacciano al tema portante di “Sullen”, il tutto in una lenta spirale che verso il basso tutto trascina.
L’uso sapiente e ben dosato di tastiere e synth conferisce a “Corrosion of Hearts” ampio slancio e varietà mentre l’atmosfera dell’album cattura sin dal primo ascolto con una buona alchimia tra tutti i suoi elementi.
In conclusione, giunti al loro terzo album, gli Austere si confermano come una delle più interessanti ed ispirate realtà del genere. Lasciate dunque i vostri cuori alla loro austera opera di corrosione.
Tracklist:
- Sullen
- A Ravenous Oblivion
- The Poisoned Core
- Pale