Steve J. Drakos – Atene: Libro in tre demoni

Steve J. Drakos con il suo libro “Atene: Libro in tre demoni” miscela un cocktail molotov per incendiare la capitale ellenica. È un romanzo a tre voci che fonde eros, carnalità dionisiaca e vibrante superomismo. La prosa del Nostro oscilla tra quella del Marchese de Sade e del Ragnar Redbeard di “Might is Right”. Il tutto è condito con un pizzico di acido céliniano ed un piglio sempre cinico e beffardo, da ribelle (archeo)futurista.

L’autore è conosciuto principalmente per esser stato membro fondatore e chitarrista del gruppo skinhead italiano Nabat. In seguito Drakos diventa componente degli inglesi Skrewdriver (suonò il basso nel famigerato album “Blood & Honour”). Non bisogna dimenticare le sue incursioni in ambito elettronico con suo figlio Alex. Con lui l’artista greco da vita ai “DerDrakos” e ai “Front of Hell”, realizzando musica di stampo techno industrial con corrosivi testi identitari.

Drakos ha quindi intrapreso una carriera come fotografo. Oggi realizza splendide immagini per adulti, foto dall’alta carica erotica, cui ora s’affianca anche un’ardita vena letteraria non conforme. Prova ne è l’ottimo “XXVIII poemi di sangue e fede” che raccoglie diversi testi composti dall’artista ellenico, principalmente per gli albums musicali “Blood of Blood” (2008) e “Industrial Devils” (2020).

Confrontarsi con l’ambito del romanzo “erotico” è l’ennesima sfida di Drakos. A detta dell’autore, il libro è stato scritto durante il lockdown di sei mesi (Novembre 2020 – Maggio 2021), in Atene, tra un corona party illegale e passeggiate a viso scoperto evitando le ronde.

Il libro narra la storia di tre personaggi che si muovano sullo sfondo di una viziosa megalopoli ellenica. Qui s’incontrano Silvia Tebaldi, veneta sensitiva e sadica divenuta nobile per vie traverse, la sua viziosa amante bionda di diciotto anni, Ariádni Angelopoúlou, e Áris Strátos, antisociale scrittore di racconti soprannaturali. Le vicende si dipanano tra violenza urbana, orge, pura ossessione carnale ed ebrezze senza freni. Il tutto è narrato attraverso l’espediente di note, appunti, biglietti, lettere attribuiti ai tre personaggi.

Per dare un’idea del tenore della caustica prosa di Drakos basta leggere le seguenti righe:

In un’Europa di benpensanti disadattati, di bancari e ospedalieri diventati oracoli, di antagonisti al dettaglio e biblici pederasti, di femmine senza utero e uomini privi di testicoli, il mio romanticismo venale come una mano di quattro assi porta grandi dolori: è una cosa che amo, gettare la mia blasfemia su questi microbi che vedo decomporsi gradualmente. Non sono io a dover confortare gli altri. Se li mangino le mosche.

Qui si scorge tra le righe anche l’eco di un romanzo trasudante odio apocalittico come “La distruzione” di Dante Virgili. In altri passi, invece, cogliamo un certo piglio social-darwinista alla Ragnar Redbeard. Ad esempio:

È meglio essere spietati che essere morti, osceni piuttosto che impotenti ed è ora di liberarsi per sempre del fango sociale, degli immondi servi e spie, godere il sesso e l’odio in faccia all’universo.

Quel che più colpisce nel romanzo è la critica spietata di Drakos ad un mondo di eunuchi psichici, incapaci di farsi travolgere da uno spirito dionisiaco di stampo europeo atavico, anime schiacciate tra il conformismo sociale e la sottomissione al politicamente corretto, frutto velenoso del bigottismo puritano più castrante.
L’autore crea un phármakon attraverso la sua scrittura per curare il maschio debole della società nutritiva occidentale. È un phármakon nella sua radice greca che porta con se sia il significato di medicina, sia quello di veleno. Del resto, spingersi al limite ha sempre un costo da pagare.
Tra spiritismo e sedute di sadomasochismo si dipanano furiosi godimenti senza limiti. È una ricerca che punta all’elitario, al forte e al giusto ritmo del sangue che pulsa negli organi genitali. Non è il brutale ordinario ad essere messo in gioco qui. Assistiamo a sequele di incubi d’amore e morte che non possono esser compresi da chi “(…) adora vegetare in prigionia, marchiato, vaccinato, sterminato, governato, macellato e poi venduto in pezzi”. Tutto il racconto è un elogio della virilità che si accompagna ad una dimensione luciferina.

Anche se sparsi o divisi su questa terra in corpi umani siamo ali di diavolo.

Le due donne riescono ad accendere il fuoco di una passione senza compromessi. Silvia e Ariádni sono predatrici senza scrupoli, capaci di irretire e dominare ma anche di essere dominate da chi ne sarà degno. Esse vengono incontro al furore del personaggio maschile, esaltandone le brame in un’esaltazione che “emerge dalle fiamme liquide dell’Egeo accecante”. Assistiamo alle gesta di moderne Baccanti che si aggirano in una metropoli contemporanea satura di misteri da svelare. Tutto si svolge in un’Atene, estrema capitale d’Europa, dove i miti greci aggiornati e trasfigurati affiorano ancora con tutta la loro carica eversiva. Tragedia e violenza si rincorrono ricordando che: “nessuno sarà salvato dal nulla eterno se non attraverso l’eroismo o l’infamia”.

In sintesi, è la storia di un triangolo erotico/sessuale che si rinforza in un estremismo che rompe gli argini sociali. È, soprattutto, una ricerca volta all’andare oltre i limiti. In questo senso, siamo di fronte ad un erotismo, una sessualità “sovrumanista”, che mette a dura prova anche la resistenza stessa della carne. I tre demoni finiscono per trascendere e ispirare passioni imperiture. Nietzsche avrebbe apprezzato non poco.