TourdeForce – Six in the Key of Death

“Six In The Key Of Death” è un omaggio, un tributo ai Death In June, che guarda al primo periodo post punk della band di Douglas Pearce e soci. TourdeForce ha realizzato un ottimo lavoro che riesce nel compito non facile di reinterpretare in maniera originale e personale sei famosissimi classici brani della morte in giugno. È una reinterpretazione che spinge evidentemente sul lato sintetico e adrenalinico: dal synth anni Ottanta alle scorie industrial dei Novanta.

Le voci di Christian Ryder, responsabile del progetto TourdeForce, e della conturbante Ivory Priss fanno un lavoro egregio. I Nostri riescono a cogliere lo spirito profondo dei brani originali, qui riadattati in un immaginario che si muove agilmente tra completi neri e vestiti di latex.

Il lavoro ingrana sin da subito con una convincente “Fields Of Rape”, una traccia sospesa tra morbido synthpop e seducente darkwave.
La successiva “Holy Water”, uno dei brani più blasfemi dei DIJ, si apre tra rumorismi industrial in cui galleggia anche un campionamento di quella che sembra la voce del sommo Pontefice (“guarda, sono peccatore, sono cattivo”). Qui e in “Nowhere Street” (l’unico brano non inedito, in quanto presente anche nell’album “Vargtimmar” del 2021) emerge il lato più aggressivo dei TourdeForce. È un sound che ricorda un po’ i Nine Inch Nails dei tempi d’oro.
“Nowhere Street” è il libero rifacimento di “Heaven Street”, la prima canzone targata DIJ, uscita nel lontanissimo 1982. La versione di Ryder e soci non si porta dietro gli spettri della Seconda Guerra Mondiale ma quelli molto più vicini della lotta al terrorismo, della paranoia “made in USA”.

Ben memori di uno dei più famosi loghi della morte in Giugno, il guanto di ferro con la frusta, un brano come “The Calling” mette in scena una schietta sensualità EBM. Grazie al cantato di Ivory per l’occasione perfetta e rigorosa mistress nell’era del Kali Yuga, si raggiungono vette sublimi di piacere, quelle in cui “we hear the calling”.

Dopo una ballabile e futuristica versione electro/EBM di “She Said Destroy”, una traccia che non fa prigionieri, è la volta del gran finale con una superlativa “Come Before Christ And Murder Love”. Quest’ultima, è cantata da Ivory prima su tappeto minimale di tastiere e poi su ritmiche sospese tra il balearic beat e i New Order di “Technique”.  

L’EP esce in cd digipack per SPQR Label in edizione limitata a duecento esemplari ed è un piccolo gioiello, impreziosito anche da un ottimo artwork, a cura di Gianni Caldararo, che vede in copertina la riproduzione della testa di medusa dipinta dal pittore simbolista Franz von Stuck. In alto a destra, troviamo anche l’immagine della runa “Odal” cita d’alloro, come a sancire una sorta di eredità spirituale ed ennesimo omaggio all’opera di Douglas Pearce e compagni.

“Six In The Key Of Death” non può mancare ai fan dei Death In June e agli estimatori di TourdeForce. Quest’ultimo è un nome che si conferma ancora una volta eccellenza internazionale nell’ambito della musica synth più nera.

Tracklist:

  1. Fields of Rape
  2. Holy Water
  3. The Calling
  4. Nowhere Street
  5. She Said Destroy
  6. Come Before Christ and Murder Love