Rome – Hegemonikon – a Journey to the End of Light

Con un titolo che sembra rovesciare quello del famoso libro di Louis-Ferdinand Céline, arriva il nuovo album di Rome. Una nave si fa strada tra il gelo artico ma non si tratta di un viaggio “al termine della notte”, bensì verso la luce che scompare. Ma di che fulgore iperboreo o tramonto si tratta? Forse, come suggerisce il titolo, per scoprirlo dovremmo farci guidare dall’hegemonikon, il “principio direttivo” di cui parlavano già gli Stoici: un principio capace di incanalare le sensazioni verso una direzione precisa: “senso” inteso non solo come sensazione sensibile ma come rotta e finalità.

È cosa certa che Rome una direzione molto precisa al suo diciassettesimo album l’ha data. Ad un primo ascolto subito notiamo una forte influenza elettronica e reminiscenze New Wave, Synth che donano spessore al Neofolk cantautorale dell’artista lussemburghese. Viene in mente ovviamente Dernière Volonté ma Jérôme Reuter mantiene anche qui una posa da oscuro chansonnier alla Jacques Brel. Una voce profonda e avvolgente fa da contraltare al suono dei sintetizzatori analogici che compaiono e scompaiono, a volte sullo sfondo, a volte in primo piano.

A proposito di luce, Reuter qui recita sul palco con la cupa oscurità di un Nick Cave degli anni Ottanta. Lui e i suoi The Bad Seeds più funerei sembra dietro l’angolo, mentre altre volte ci sembra di udire persino i Paradise Lost più gotici e sulfurei.

Frammenti poetici campionati emergono già nell’apertura di “A Slaughter of Crows”, tra fulgori post-industrial senza tempo. I successivi “No Second Troy” e “Icarus Rex” sono due pezzi molto buoni, Il primo era stato pubblicato come efficace singolo apripista.

Il titolo e il testo di “No Second Troy” riprende quello dell’omonima poesia di William Butler Yeats, componimento sull’amore tormentato del poeta inglese per la patriota irlandese Maud Gonne, un amore diviso sui due lati della barricata, sospeso tra il desiderio di pace e la guerra necessaria, tutti temi che trovano una eco rilevante nei fatti recenti che straziano l’Europa. 

“Icarus Rex” è un brano che vola alto, è il caso di dirlo. Reuter si domanda chi tenterà un nuovo assalto al cielo, verso il sole, ora che hanno abbattuto tutte le aquile per fare posto ai conigli e ai ratti. Ci vorrebbe un nuovo Icaro in grado di riportare in cielo le aquile ma le sue ali sono congelate sul terreno. Qui emerge a livello musicale l’influenza del Nick Cave di “Your Funeral… My Trial”.

All’atmosfera plumbea e gotica di “Icarus” Rex fa subito dopo da contraltare un brano più Wave e catchy come “Surely Ash”. La traccia è a metà strada tra derive Neofolk e romanticismo alla Ultravox (periodo Midge Ure).

Dopo l’intermezzo costituito dal recitato di “On The Slopes Of Mountain Malamatiyah” è la volta di “Walking The Atlal” che continua con l’uso minimale dei sintetizzatori. Qui il canto di Reuter ben si sposa con un’elettronica che guarda alla tradizione mitteleuropea.

La seconda parte dell’album si apre con il suono avvolgente di “Hearts Mend”, brano accattivante alla Depeche Mode che conferma l’evidente passione dell’artista per certe sonorità.

Nothing remains
Nothing remains but the iron
Nothing remains but the wires and tribal fires.

Queste, invece, sono le le parole recitate di “The Ripping Of The Veil” che fanno dunque da preludio a Solar Caesar. Si tratta dell’altro brano dell’album presentato in anticipo come singolo. Qui ritroviamo il Rome più classicheggiante, marziale anche quando usa i sintetizzatori, alla ricerca di una guida solare:

Are you my Solar Caesar?
My true believer?
Solar Caesar is it so?

Chiudono il disco “Stone Of Light / Mer De Glace” e “New Flags”. La prima è un elegante recitato che guarda alle atmosfere solenni dei capolavori di Rome presenti gli album “Le ceneri di Heliodoro” e “The Lone Furrow”. Si parla di aquile, Impero e di divinità solari mentre si raggiungono alte vette. Tra le righe traspare chiaramente la passione di Reuter per gli scritti di Julius Evola.

L’ultima traccia, ariosa e leggiadra, manifesta la volontà di incontrarsi ancora sotto nuove bandiere in un mondo in continua mutazione. Si cerca comunque sempre un approccio verticale alle sfide che si presenteranno.

Hegemonikon è l’ennesimo grande album a firma Rome, un lavoro non conforme che va alla ricerca di spazi liberi. Reuter non si rassegna, vuole risvegliare la vera anima europea che dorme sotto le ceneri. Andiamo a vedere, senza paura e con spirito vitalista, cosa accade in questo emozionante viaggio al termine della luce.

Tracklist:

  1. A Slaughter Of Crows
  2. No Second Troy
  3. Icarus Rex
  4. Surely Ash
  5. On The Slopes Of Mountain Malamatiyah
  6. Walking The Atlal
  7. Hearts Mend
  8. The Ripping Of The Veil
  9. Solar Caesar
  10. Stone Of Light / Mer De Glace
  11. New Flags