Fuoco, Ferro, Azione. Intervista ad Indastria 2020

Divenire Fuoco, Ferro, Azione è lo spirito giusto. È proprio quel che anima l’omonimo esordio in sette pollici di “Indastria 2020”. Dopo aver ascoltato il loro ottimo singolo, uscito il 21 dicembre 2021 e distribuito da SPQR Label, li abbiamo raggiunti per un’intervista.

Siamo di fronte una band italiana che opera a Milano e prende il nome dalla città immaginata dal romanzo “The Incredible Tide” di Alexander Key. Si tratta del libro che ha ispirato anche il celebra anime di Hayao Miyazaki, “Conan Il ragazzo del futuro” (未来少年コナン). Andando oltre l’opera di Miyazaki, i Nostri incarnano uno spirito prometeico, archeofuturista e ribelle che si scaglia contro l’attuale società distopica e le sue storture. Lungi dal rifugiarsi in una visione nostalgica e passatista, gli Indastria 2020 sfidano e vanno incontro al Nemico per riconquistare il proprio futuro. Del resto, la città di “indastria”, anche nel libro di Key, è l’unica ad avere la tecnologia necessaria per tornare alla “civiltà”.
Nel brano omonimo del lato A del sette pollici si evoca nuova visione che tiene assieme echi primordiali, tribalismo ed elettricità. Memori anche di quel Futurismo italiano nato proprio a Milano la band non perde mai di vista le proprie radici ma manifesta un’aspirazione a volare alto. Del resto, dopo la grande catastrofe globale del presente c’è bisogno di una nuova fenice tecnico/prometeica, di una nuova sintonia con il mondo per non precipitare nell’abisso. Sul lato B invece troviamo un valido remix ad opera del producer italiano Wrath Beats che rafforza ancora di più il loro immaginario synth/techno elettrificato.

Line Up:
A977 – Voce, testi, basso, key, fondatore.

P974 – Programmazione, synth, key, fondatore.
L972 – Chitarre, produzione.
M979– Immagini/suggestioni.

Tracklist:

  1. Indastria 2020
  2. Indastria 2020 (Wrath Beats Remix)


Raccontateci com’è nato il progetto. Chi siete? Quali sono le vostre esperienze in campo musicale e da dove deriva il nome Indastria 2020?

P974: Abbiamo un amico comune che ha intuito le potenzialità di una nostra possibile collaborazione e ci ha fatti conoscere. Il passaggio immediatamente successivo è stato coinvolgere i nostri amici L972 e M979. Sono rispettivamente un fonico professionista e chitarrista, con grande cultura ed esperienza musicale, e una grafica capace di contribuire in modo fondamentale con la sua visionarietà, che definirei incendiaria. Io vengo da una formazione musicale classica, continuo a suonare e studiare, soprattutto opere contrappuntistiche. Negli anni ho contribuito a vari progetti musicali sperimentali e indipendenti. Ho lavorato in un negozio specializzato nella vendita di vinili e cd di genere industrial/elettronica a Milano.

A977: Quando ci siamo avvicinati abbiamo subito avuto un grande senso di familiarità e di direzione artistica, e d’intenti, univoca. Aprire le nostre vocazioni a livello grafico/visual a M979 è stato fisiologico, perché la narrazione deve passare anche attraverso l’immagine. L972 ha dato vita alla fucina fisica delle nostre idee, portandone a sua volta e completando il circuito/laboratorio di “Indastria” a cui abbiamo dato l’anno di fondazione, come una città vera e propria.
“Indastria” deriva da “Conan il ragazzo del futuro”, un nome che richiama anche la città in cui operiamo, Milano, ma che offre un’evocativa visione d’insieme che quasi tutto oramai viviamo: il cemento, l’elettricità, i motori, l’inarrestabile avanzamento del moderno. All’inizio il progetto aveva il nome di “Morgana Freeze”, ma poi abbiamo dato una diversa connotazione al tutto.

Ho molto apprezzato la vostra critica dell’attuale distopia che stiamo vivendo. Una critica che, fortunatamente, non si rifugia in una tecnofobia passatista; non arretra e non sfugge vigliaccamente lo scontro ma, all’opposto, invita a divenire “Fuoco, Azione, Ferro, Indastria”. Mi sembra un approccio che ricorda un po’ l’Ernst Jünger del “Der Arbeiter”: un artefice pronto a mobilitare il mondo e la potenza come forza metafisica. Il testo del vostro singolo non configura tanto un arretramento, un “passaggio al bosco”, ma un passo avanti nel regno del nemico. È un “andare oltre” per sfidarlo nel suo stesso dominio e per riappropriarsi delle “città del futuro che non ci sono più”. O sbaglio?

A977. Non sbagli. Il discorso in gran parte è quello. L’idea è che si possano mantenere tradizioni, idee, culture, legate alla radice umana senza però dover essere considerati dei dinosauri, o dei cultori del passato chiusi in se stessi.
La tecnologia esiste, è un dato di fatto, in ogni nostro aspetto quotidiano utilizziamo la tecnologia e di questa dobbiamo comprendere l’uso appropriato e lottare contro la schiavitù/dipendenza che impone.
Il passo che vogliamo promuovere è quello nel territorio nemico, come giustamente noti, essere all’interno del sistema per poterlo far deflagrare da lì. Usare un’arma con intenzioni decisamente inconsuete per quell’arma.
Le città del futuro che avevamo in mente da ragazzi avevano qualcosa di “romantico” in un certo senso, non erano scatole vuote da riempire di rumore e paure, per questo usiamo il ferro (della tecnologia e dell’animo), il fuoco (che forgia e alimenta) e l’azione (che deriva sempre dal pensiero ma anche dell’istinto primordiale che alberga in noi). Indastria poi, nel romanzo di Key tradotto in italiano come “Conan il ragazzo del futuro” (da cui l’anime), era la città nemica di un mondo rurale che stava sopravvivendo all’olocausto nucleare; per noi invece Indastria è la città industriale che ha coscienza della natura dell’uomo e del pianeta e che utilizza i suoi meccanismi non per distruggere, ma per affermare l’uomo in sintonia con il mondo.

Nel testo citate anche il famigerato Soylent Green, il cibo dell’omonimo film (in Italia uscì con il titolo “2022: i sopravvissuti”) distopico del 1973. Il 2022 è arrivato e una certa fantascienza ormai coincide in maniera inquietante con la cronaca di telegiornali sempre più orwelliani. Quali sono i vostri riferimenti sci-fi principali in campo letterario e cinematografico?

A977: i riferimenti sono molti, certamente quello che hai segnalato, così come la stanza 101 di 1984, Akira, autori come Bogdanov, Dick, Ballard o film come “The Truman Show”, “Matrix”, “Gattaca”, “Tron”, “Dark Ciy”, “Il buco” ((El hoyo)… siamo onnivori e affamati, quindi gli spunti arrivano da molti ambienti, anche dell’arte figurativa.

P974: Per me Orwell, Bradbury e Huxley sono grandi influenze letterarie. Fin da bambino mi sono appassionato anche al cinema di critica sociale americano anni Settanta: da “Taxi Driver” a “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. I grandi classici come Kubrik, Kurosawa, Tarkovsky e Dreyer hanno contribuito a delineare in me il sospetto verso il potere, la violenza che si cela dietro il suo volto rassicurante.

Parlateci un po’ dei vostri riferimenti musicali e degli artisti che sentite più vicino allo spirito che anima Indastria 2020.

A977: così di getto ti dico Dish-Is-Nein, Nine Inch Nails, Lacrimosa, Dead Can Dance, Ramnstein, Aphex Twin, Spiritual Front, CSI, Atari Teenage Riot, Giovanni Leonardi, Gopota, la musica sacra indiana, il rock, il metal estremo, i canti gregoriani e tibetani, MB…  la lista è lunga.

P974: La cosiddetta musica per l’occhio, cioè la composizione aperta a qualsiasi tipo di strumentazione, caratteristica della stagione rinascimentale e di quella barocca, ha probabilmente una essenzialità, una funzionalità duttile e polisemica che è affine sotto molti aspetti ai percorsi più “oltre la linea “del pop/rock sperimentale degli ultimi decenni. Il post punk a mio parere ha una grande efficacia in una narrazione distopica come quella che prova a esprimere Indastria. Vorrei citare come influenza, a un anno dalla sua scomparsa, il grande Gabi Delgado dei D.A.F., che con il loro nichilismo aggressivo e minimale hanno saputo cogliere l’oscurità e le contraddizioni del momento edonistico per eccellenza che hanno vissuto, il passaggio dalla disco music al synth pop, tra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli Ottanta.

Invece che tipo di musica considerate agli antipodi da voi o addirittura detestate?

P974: La musica che detesto è la musica muta, atrofizzata, che, indipendentemente dal genere, non riesce a instaurare una relazione stimolante tra il tessuto musicale e l’oggetto che vorrebbe fosse il suo discorso. Trovo molto irritante chi non ha una storia da raccontare ma ambisce solo a toccare una “tematica” di moda. Trovo fastidiosi gli artisti che, non avendo idee, ricorrono ad elementi come abiti, trucco, provocazioni, e stampelle varie che gli permettono di toccare l’argomento di attualità di turno. Le declinazioni più teatrali del rock sono meravigliose! Perché i travestimenti e le provocazioni sono espressione di una narrazione, di un sentimento, l’elemento scenico non va a colmare il vuoto. Lo chansonnier francese anni Sessanta e Ziggy Stardust sono accomunati dall’aver saputo sviluppare un linguaggio denso e coerente, non importa se la modalità comunicativa è sobria e minimale o se si esprime attraverso una teatralità basata sull’eccesso.

Quali progetti avete per il futuro? State già preparando un album d’esordio?

A977: stiamo lavorando a un album e stiamo decidendo se dare una vera e propria direzione stilistica o seguire la via dei temi che ci stanno a cuore, interpretandoli in musica. Ad esempio, il nostro secondo brano “Due parole” è una ballad semi acustica, che parla dei rapporti emotivi oggi, tra distanze e problematiche comunicative, ma che possono risolversi nella comunicazione reale, quella dei corpi e delle parole.
L’album, se non avremo altri blocchi sociali (per capirci, il COVID ha interrotto qualunque possibilità di realizzazione artistica, anche perché siamo molto fisici e per noi l’incontro è necessario) dovrebbe uscire per fine anno.
Il nostro progetto è comunicare, raccontare, essere davvero presenti in ciò che facciamo e non architetti di canzoni che debbano creare una dipendenza momentanea. Quello che raccontiamo poi non è spesso immediato, a differenza di una hit, e ci piace che sia cosi: come per la lettura di alcuni libri, alcune volte c’è bisogno di diversi ascolti, in diversi stati d’animo, per cogliere altre sfumature.

P974: Stiamo lavorando a un album e ci piacerebbe che non fosse una semplice sequenza di brani, vorremmo produrre un insieme coerente e organico di piccoli affreschi musicali con un senso autonomo, ma che ascoltato interamente fosse capace di di andare oltre la semplice somma delle sue parti.

Immagini fotografiche della band in sede live su gentile concessione di ARROS PHOTO ©