La storia di Thomas Börje Forsberg e dei suoi Bathory è sempre stata avvolta da un’aura mitica e leggendaria. Le poche notizie riguardo alla vita privata dell’artista svedese (di cui per moltissimo tempo non si è saputo nemmeno il vero nome) unito al suo rifiuto di esibirsi dal vivo, ha contribuito a edificare il loro culto oscuro. Oggi i Bathory sono considerati, a ragione e in modo pressoché unanime, una band che cambiò per sempre il mondo del metal. La creatura di Quorthon (uno dei più famosi pseudonimi dietro cui si celava Forsberg) è considerata l’iniziatrice di ben due sottogeneri, sia del Black, sia del Viking Metal. I Bathory contano ancora oggi una platea sterminata di ammiratori e di band influenzate dai capolavori realizzati da Börje Forsberg prima della sua morte per infarto a soli 38 anni.
Il libro del critico musicale Fabio Rossi è il primo in Italia (ma anche uno dei pochi al mondo) a cimentarsi con l’epopea di Quorthon e dei suoi Bathory. L’autore, nato a Roma nel 1961, ha pubblicato sinora “Quando il Rock divenne musica colta: Storia del Prog”, “Rory Gallagher: il bluesman bianco con la camicia a quadri” ed “Emotion, Love & Power – L’epopea degli Emerson, Lake & Palmer”, ora tutti in nuova edizione per Officina di Hank, casa editrice anche di quest’ultimo lavoro di Rossi. Inoltre, l’autore in passato ha collaborato con diverse riviste musicali di area Metal e Prog. L’introduzione del libro è stata realizzata da Flavio Adducci, il quale ispirò la scrittura del libro di Rossi con il suo saggio del 2019, “Nel segno del marchio nero: storia del proto-black metal internazionale 1981-1991” in seguito ampliato e pubblicato in ebook nel 2020 con il titolo “Benvenuti all’inferno! Storia delle origini del Black Metal”, sempre per le Officine di Hank.
Il testo di Rossi, pur nella sua brevità riesce a ricostruire grazie a diverse interviste e a un ottimo lavoro sulle poche fonti disponibili la storia dell’artista svedese e dei suoi vari collaboratori. Non mancano notizie meno note e aneddoti che aiutano a comprendere meglio la genesi di capolavori come “Under The Sign Of The Black Mark”, ”Blood Fire Death”, ”Hammerheart” e ”Twilight Of The Gods”. Rossi fa anche un ottimo lavoro di analisi dei testi dei vari brani dei Bathory mettendo in luce le molte fonti e le suggestioni culturali che andavano, specie nel periodo Viking, ben oltre il genere musicale per abbracciare un pensiero intellettuale molto radicale, fondamentale per l’evoluzione di un certo metal norvegese (Burzum, Storm, Isengard, Enslaved, Taake, ecc,) ma capace di superare anche i confini dell’ambito metal stesso. Tracce di quel pensiero etenista/identitario scandinavo e nord europeo si trovano a livello tematico ad esempio in un certo Neofolk degli anni Novanta/primi anni del Duemila (Fire + Ice, Freya Aswynn, ecc) e più di recente nel Nordic Ritual Folk di band come Wardruna, Heilung e Leidungr.
Nel libro l’autore mette in luce anche la passione di Quorthon per il punk e la musica classica. Ad esempio interrogato sull’influenza della band inglese Venom sui suoi primi lavori, Forsberg dichiarò di non conoscerli all’epoca del suo esordio con l’album “Bathory”, nel 1984. All’opposto si dichiarò un gran fan di band punk come gli inglesi Charged G.B.H. da cui una certa propensione iniziale per sonorità ferali e lo-fi, unito ad un spirito indipendente “Do it Yourself”. Quest’ultimo lo accompagnerà per tutta la sua carriera. Anche rispetto al suo lato Viking, Forsberg stesso affermò di non essere stato molto influenzato da band come Manowar, anche se ammise che il batterista dei Bathory dell’epoca aveva una grandissima passione per la band statunitense (e si sente). Quorthon dichiarò invece che il più grande compositore metal fu Ludwig van Beethoven e che Richard Wagner, assieme al pensiero filosofico di Friedrich Nietzsche, fu una delle sue più grandi fonti d’ispirazione per dischi come “Hammerheart”, “Twilight Of The Gods” “Blood On Ice” e i due album della serie “Nordland” (all’origine doveva essere una tetralogia, purtroppo rimasta incompiuta a causa dell’improvvisa morte dell’autore).
Rossi fa un gran lavoro anche nel riconoscere, al di là delle dichiarazioni stesse di Quorthorn (da prendere con le dovute cautele visto l’ironia e la riservatezza del personaggio), tutte le radici dei Bathory con il mondo del metal “classico” di band come Motörhead, Black Sabbath, Slayer e Possessed e anche degli stessi Venom. Vengono affrontati e criticati nel libro anche i momenti meno ispirati di Quorthorn, dischi come “Requiem”, “Octagon” ,“Destroyer Of Worlds” e un paio di scarsi lavori pubblicati solo a nome Quorthon non riuscirono comunque a distruggere la leggenda dei Bathory. Una visione fondamentale e seminale che ebbe in “Blood On Ice” e in “Nordland” il suo parziale riscatto dai pochi momenti meno ispirati.
In conclusione il libro di Fabio Rossi è un’ottima introduzione in italiano al mito e alla storia dei Bathory e raccoglie quasi tutte le informazioni e le poche foto di Quorthon disponibili. Probabilmente al fan più estremi dei Bathory non rivelerà chissà quali misteri ma è un testo agile, ben scritto e che può far conoscere anche a un pubblico generalista la storia di chi ha cambiato per sempre il volto del metal. La stessa prima fase della band oggi è dichiaratamente fonte d’ispirazione per il War Metal di band come gli Australiani Revenge che tributano ancora omaggi su omaggi alla band di Quorthon.
Alla fine del testo troverete anche un’intervista realizzata da rossi al suo amico Baffo Jorg, indimenticabile esponente della scena metal romana, grande organizzatore di concerti e serate. A lui e alla sua memoria il buon libro di Fabio Rossi è dedicato.