Deströyer 666 – Never Surrender

Nessuna resa per i lupi australiani. Il nuovo album dei Deströyer 666 è caduto come un fulmine “numinoso” dal cielo più nero. Siamo di fronte ad un lavoro selvaggio e ferale anticipato da due brani tuonati, “Guillotine” e “Andraste”, che lasciavano presagire che “Never Surrender” sarebbe stato il degno successore di Wildfire.

L’uscita del disco è stata accompagnata anche dal video del brano omonimo dell’album: un inno alla rivolta carico di rabbia come non si sentiva da troppo tempo nell’ambito del Black Thrash Metal. A quel punto era chiaro: i Deströyer 666 avevano ancora una volta colpito in pieno il bersaglio. Evidentemente, nonostante il tempo che passa, la voglia di stare in piedi palco e la ferocia del trio australiano sono restate intatte, come ha dimostrato del resto la loro esibizione allo Steelfest di quest’anno.

Il primo brano è un concentrato di rabbia bestiale, tra latrati e riff assassini ad opera KK Warlust e il mostruoso drumming di Kev Desecrator. Il tutto è sorretto dal basso veloce e schiacciasassi di Felipe Plaza. Qui sembra realmente di ascoltare dei lupi che hanno rotto le loro catene mentre corrono veloci verso di te in cerca di vendetta:

Breakin’ free, breakin’ the chains
Break the spell, gonna fight, fight, fight
Sever all ties whatever the cost
‘Cause these goddamned fools are forever lost
Never return, never go back
Ever forward, attack, attack, attack

Si continua con “Andraste”, una sorta di inno da pub agli dei della guerra, tra percussioni veloci e reminiscenze anni Ottanta tinte di nero. Anche qui si persevera sulla linea tracciata dal precedente album Wildfire. In generale, in tutto il lavoro si sente una passione evidente per certe sonorità NWOBHM che ogni tanto riemergono come un fiume carsico.

Dopodiché, è la volta di “Guillotine”, brano incredibilmente possente che fa venire voglia di regolare il volume al massimo. È pura furia Thrash/Black con attitudine da vecchia scuola, quella che ti salta alla gola senza compromessi mentre K.K. e Plaza urlano in coro:

It’s comin’ down fast in the city
Fuck ‘em all, big ‘n’ small, fuck ‘em all and fuck their world

What the hell happened to my country?
It’s the grave or the gulag or the gutter for you and me
What the hell happened to my country?
War is peace and freedom is slavery

Nessuna concessione al politicamente corretto o alla moderazione dei toni. I Deströyer 666 se ne fregano e vanno avanti a testa alta nel denunciare lo scempio della censura del pensiero unico globalista e i gulag dell’ipocondria piccolo-borghese, e lo fanno mostrando un bel dito medio.

In sintesi, l’album mostra brani come “Pitch Black Night” che mantengono intatta una forte carica Black Metal che rimanda ai loro primi album. In altri casi, come ad esempio in “Mirror’s Edge” e “Grave Raiders”, prevale una componente più Heavy Metal che evoca persino lo spettro dei Manowar più possenti e oltranzisti.
Comunque, quello dei Destöyer 666 rimane sempre un suono deciso e diretto che non fa prigionieri. Si ascolti la triade finale formata da “Savage Rights”, “Rather Death” e “Batavia’s Graveyard”, dove sembra montare sempre di più rabbia e velocità con i Nostri lanciati verso un catartico finale sui mari dell’odio.

Concludendo, i Deströyer 666 hanno tenuto fede al loro nome e hanno superato le nostre alte aspettative con uno degli album migliori di questo 2022 ormai alla fine.

Tracklist:

  1. Never Surrender
  2. Andraste
  3. Guillotine
  4. Pitch Black Night
  5. Mirror’s Edge
  6. Grave Raiders
  7. Savage Rights
  8. Rather Death
  9. Batavia’s Graveyard